Vann'Antò

CARAT: CULTURA, ARCHITETTURA RURALE, AMBIENTE E TERRITORIO

Pseudonimo di Giovanni Antonio Di Giacomo (Ragusa, 1891 – Messina, 1960), è il poeta che forse più coincide all’Ecomuseo Carat. Figlio e fratello di “picialuori”, ovvero operai dediti al lavoro nelle cave e nelle miniere di contrada Tabuna, fu professore di Letteratura delle tradizioni popolari all’Università di Messina e autore di testi in siciliano; con Ignazio Buttitta è stato il massimo esponente della poesia siciliana del Novecento. Nel 1915 fondò, assieme a Guglielmo Jannelli e Luciano Nicastro, il periodico messinese “La Balza futurista”, che si rifaceva al movimento di Marinetti, avendo però vita breve: ne usciranno infatti solo tre numeri. Divenne un’autorità nel settore non solo per le sue opere originali, ma anche per le traduzioni di alcuni autori, soprattutto dei decadentisti francesi. A questo proposito, nel 1955, Vann’Antò e Pier Paolo Pasolini furono protagonisti di un interessante confronto sulla natura poetica dell’autore ragusano.Pasolini sosteneva che le sue composizioni fossero ispirate al decadentismo di Stéphane Mallarmé e Paul Éluard; Vann’Antò non era d’accordo e in sua difesa chiamò come esperto Leonardo Sciascia, che così commentò in una lettera privata: “Quel che c’è di astratto e sublime nella sua poesia, nasce da una penetrazione in certi strati dell’anima e della cultura popolare siciliana, dove l’astratto e il sublime naturalmente germina.”

Scrisse inoltre alcuni saggi sulla Letteratura delle tradizioni popolari, tra cui: Il dialetto del mio paese (1945), Indovinelli popolari siciliani (1954), Gioco e fantasia (1956). Infine, curò l’edizione de La Baronessa di Carini (1958, da una storia del Cinquecento).