Miti e Leggende

CARAT: CULTURA, ARCHITETTURA RURALE, AMBIENTE E TERRITORIO

1. CENTO POZZI

Lungo la strada provinciale Beddio-Trasauro-Piombo si trovano la contrada Cento Pozzi e la contrada Bùttino. Questa zona è caratterizzata dalla presenza di parecchi pozzi, la cui esistenza è spiegata da una nota leggenda e dalle sue diverse versioni.

Si narra che due compari avessero preso in gabella una tenuta lungo la strada e che uno dei due possedesse una tabacchiera all’interno della quale teneva rinchiusi un mucchio di diavoli pronti a lavorare a suo piacimento. L’altro compare, ignaro, pur lavorando allo sfinimento non riusciva mai ad eguagliare il lavoro svolto dal proprietario della tabacchiera. Un giorno, quest’ultimo dovette andare in paese lasciando il compare nella tenuta con il prezioso oggetto. Deciso a riposare un momento, pensò bene di aprirlo per prendere un po’ di tabacco da fumare: usciti i diavoli, dovevano necessariamente lavorare altrimenti avrebbero malmenato il compare. Il povero, atterrito per lo spavento e accerchiato, non sapeva cosa far fare loro finché non ordinò di scavare cinquanta pozzi. Dato il comando, fuggì lontano dai diavoli ma questi furono velocissimi a terminare il lavoro e dopo più di un chilometro lo raggiunsero. L’uomo ordinò allora la realizzazione di altri cinquanta pozzi ma, nonostante il terreno fosse più duro, il lavoro fu comunque svolto in breve tempo. Arrivato vicino al paese, i diavoli lo raggiunsero e fu in quel momento che il compare decise di far costruire loro una chiesa. I diavoli inizialmente rifiutarono ma, essendo nella loro natura l’obbedienza, furono costretti costruire la chiesa, precisamente Santa Maria delle Scale. Trattandosi di un luogo sacro, il lavoro li debilitò tanto che l’uomo poté facilmente raggrupparli e rinchiuderli nuovamente nella tabacchiera senza far sapere nulla al compare.

Un’altra versione vede come protagonisti della leggenda uno zio ed un nipote. Lo zio possedeva una tabacchiera al cui interno teneva rinchiusi dei diavoli che giornalmente faceva lavorare. Un giorno zio e nipote si recarono in città ma, avendo dimenticato la tabacchiera, lo zio chiese al nipote di tornare indietro a prenderla. Quest’ultimo obbedì ma durante il tragitto, pur sapendo che lo zio ne era molto geloso, pensò di aprirla. Immediatamente uscirono i diavoli che gli chiesero quale lavoro dovessero svolgere e il giovane, impaurito, chiese loro di scavare cinquanta pozzi. In breve tempo i diavoli terminarono il lavoro e, nonostante corresse velocemente, anche stavolta raggiunsero il ragazzo senza difficoltà. Il giovane ordinò altri cinquanta pozzi ma si rese conto che neanche questa volta sarebbe potuto sfuggire loro. Così, appena finirono di scavare, il giovane chiese la realizzazione di un secchio di pasta e una corda di sabbia. Il secchio fu facilmente realizzato ma ben altra cosa fu la realizzazione della corda di sabbia, impossibile da torcere. Confusi, i diavoli tornarono dal ragazzo che, vista l’inadempienza, ordinò subito loro di rientrare nella tabacchiera e solo allora poté raggiungere lo zio ignaro. Quest’ultimo, la sera, chiese ai diavoli se avessero fatto buon viaggio ed in quel momento raccontarono di essere stanchi per i compiti ricevuti. A questo punto lo zio punì severamente il nipote.

2. CHIESA DEL SANTISSIMO TROVATO (“U SIGNURUZZU TRUVATU”)

La leggenda narra che il 1 marzo del 1800, alla chiesa di Sant’Antonio, fu compiuto un furto. A mezzanotte la strada era deserta ed errava vagabondo soltanto un forestiero di nome Cassarà, di mestiere argentiere. Debilitato dal freddo e dalla fame, decise di rubare la pisside sacra per rivenderne l’argento. Subito dopo il furto, Cassarà iniziò a correre ma all’improvviso sentì una voce che gli intimava di fermarsi: scavò un fosso in cui nascose la refurtiva e si andò a nascondere per la paura.

La mattina seguente il prete trovò la chiesa sottosopra e il cofanetto che custodiva la reliquia rotto. La voce si sparse in fretta tanto che i paesani iniziarono a cercare la pisside ovunque. Ad un certo punto qualcuno trovò un cagnolino spaventato “cu la ventri attaccata ‘ntra li rrini” e un lumicino attaccato: scavarono in quel punto e ritrovarono l’oggetto. L’allegria fu grande così come i festeggiamenti.

Dopo tre giorni fu trovato anche il ladro: Cassarà si era infatti rifugiato nella grotta di Santa Sofia. Fu così condotto in città sopra un cavallo con le mani legate, mentre la gente lo minacciava e ingiuriava. Si racconta che morì disperato in prigione. Nel luogo dove fu ritrovata la sacra pisside fu eretta la Chiesa del Santissimo Trovato (“U Signuruzzu Truvatu”), tuttora allocata nella parte est dell’ingresso di Ragusa Ibla.

3. IL BEY RAGUSANO

Murad-Aghà, nato a Ragusa di Sicilia intorno al 1480, ancor giovane fu rapito dai corsari turchi e venduto a Costantinopoli a un custode dell’harem del Sultano Selim I. Fu qui a venire ribattezzato con il nome di Murad e, poiché era di bellissimo aspetto, voluto dalla favorita del sultano, Zulima, al suo personale servizio. Il sultano glielo donò, avendo però prima l’accortezza di farlo castrare. Morti il sultano Selim e la sua favorita Zulima nel 1521, Murad si dedicò alla vita militare, mostrandosi un capo talmente valoroso da venire soprannominato Aghà, cioè condottiero. Come simbolo delle sue vittorie militari, Murad-Aghà fece innalzare a Tagiura, in Libia, una lussuosa e sfarzosa moschea, alla cui costruzione lavorarono numerosi schiavi siciliani. Quando la costruzione fu completata, Murad-Aghà però non dimenticò le sue origini siciliane: fece liberare tutti gli schiavi che vi avevano lavorato e li rimandò in Sicilia. Quando morì volle essere seppellito proprio in quella moschea costruita dai suoi compatrioti siciliani.

4. LE TRUVATURE

La Sicilia è una terra piena di “truvature”, ossia tesori disseminati per le campagne, nascosti dentro grotte naturali, nei pressi di chiese o in buche scavate nel terreno. A giustificare l’origine delle truvature, probabilmente, si cela la necessità che ebbero i siciliani di varie epoche di nascondere le loro ricchezze durante incursioni di pirati o invasioni.

I tesori erano di due tipi: vincolati o liberi. Nel primo caso bisogna liberarla attraverso un rito o una formula magica. Le leggende citano numerose truvature nei territori della Contea di Modica, ma spesso si trattava di tranelli orditi per catturare gli avidi di ricchezze.

Intorno alla costruzione della Chiesa Santa Maria dei Miracoli esiste una leggenda legata al ritrovamento di un tesoro. Durante il sonno, alcuni spiriti apparvero a una bambina dicendole che poteva trovare una “truvatura” nella chiesa di S. Maria soltanto se non avesse detto niente a nessuno. La bimba, invece, spaventata, raccontò tutto al padre e insieme si diressero nella chiesa per scoprire questo tesoro, non trovando però nulla per non aver rispettato le richieste degli spiriti. Però, per consolarla, la Madonna le fece trovare un quadro con il ritratto di Maria bambina. Il ritrovamento della sacra immagine fu considerato dalla popolazione un evento prodigioso per cui si decise di costruire un tempio in onore della Madonna. La chiesa fu edificata intorno alla metà del XVII secolo, fuori dalle mura della città, e rappresenta un illustre esempio di barocco atipico, con pianta ad ottagono allungato e raffinati originali intagli delle tre porte d’ingresso rispetto allo standard ibleo, forse influenzato dal barocco romano.