La ferrovia

CARAT: CULTURA, ARCHITETTURA RURALE, AMBIENTE E TERRITORIO

La tratta ferroviaria ragusana è, in termini strutturali e progettistici, una mastodontica opera di ingegneria. Pare che i progettisti abbiano preso spunto dalla ferrovia del Gottardo, in particolare dai tornanti di Wassen in Svizzera con un percorso esattamente elicoidale, per vincere i forti dislivelli del territorio ibleo. Si racconta che l’ingegnere che si occupò della direzione dei lavori si suicidò nel timore che i suoi calcoli per le gallerie elicoidali fossero scorretti.

Il 18 giugno 1893 vi transitò il primo treno. In quella data fu inaugurata la tratta Comiso-Modica, parte del lungo tratto di 264 km che circumnaviga tutta la parte a sud della Sicilia la cui costruzione, a partire dal 1886, avvenne per tappe. La parte fra Modica e Ragusa fu proprio la più difficile e complicata da costruire e solo il 19 aprile del 1896 la prima locomotiva in servizio effettivo giunse a Ragusa. A causa dell’orografia accidentatissima della zona, la ferrovia da Siracusa, dopo aver passato le stazioni di Pozzallo e Ispica, si dirige a nord infilandosi in uno stretto vallone roccioso in cui si trova Scicli e la sua stazione. A mezzacosta, grazie a gallerie e ponti, il binario serpeggia da un lato all’altro del vallone che in certi punti assume le caratteristiche di un vero e proprio canyon americano. Dirigendosi verso nord, la linea giunge a Modica con un’ampia curva passando, poco prima di entrare in stazione, sotto l’imponente viadotto Guerrieri della SS 115. Ripartito da Modica, il treno s’infila in una lunga galleria che sottopassa la città sbucando in un vallone parallelo a quello percorso prima dalla ferrovia. Qui la linea prosegue ancora verso nord lungo il corso del fiume Irminio, che sovrappassa con un ponte metallico poco prima della stazione di Ragusa Ibla. La stazione di Ibla è dotata di torre acqua e ampio scalo perché qui stazionavano le locomotive da aggiungere per la spinta in coda ai treni pesanti in salita verso Ragusa superiore. Poco dopo aver lasciato Ibla, il binario piega decisamente verso ovest fino a compiere una curva di 180°, poi in direzione sud fino ad infilarsi in una galleria sotto la rupe che sostiene la città barocca. L’uscita di questa lunga galleria in curva e forte salita è appena sotto Ragusa, in una stretta gola dominata dalle case della città. Appena uscito, il treno passa sotto una brevissima galleria con portali in roccia viva infilandosi poi nuovamente in un’altra lunga galleria in curva e salita che con un elicoide, in parte all’aperto, porta i binari alla quota della città (515 m. s.l.m.). Il percorso all’aperto di questo tornante permette una vista impareggiabile su tutta la città antica, che “assiste” al passaggio dei treni sul tornante come in una ripresa cinematografica. Con una ulteriore curva la linea si riporta ancora in direzione nord e giunge finalmente alla Stazione di Ragusa Superiore. Lo scalo ragusano disponeva di un ampio scalo merci (recentemente soppresso) e di due soli binari per il traffico passeggeri. Tutta la stazione è posizionata leggermente in curva. La linea per Canicattì prosegue da qui ancora con una curva che riporta i treni verso sud e poi verso ovest dove, sempre a binario unico, prosegue con andamento più tranquillo verso contrada Genisi, il Castello di Donnafugata e Comiso.

L’antica rete ferroviaria fu anche lo scenario per l’incontro di due grandi scrittori italiani, originari del nostro territorio: Elio Vittorini, figlio di un ferroviere attivo sulla tratta e che a lungo dimorò a Scicli, e Salvatore Quasimodo, figlio del capostazione di Modica e la cui sorella Rosa, ribattezzata “la donna dei due scrittori”, fu sposa del primo a seguito di un matrimonio riparatore celebrato in conseguenza a una “fuitina” dei due.